di Sara Pagnini

FIRENZE. L’87º Festival del Maggio Musicale Fiorentino si impreziosisce con il debutto in Italia del balletto Caravaggio (9, 10 e 11 maggio); Firenze ha ospitato uno spettacolo di rara bellezza che finalmente il pubblico italiano (gremito il teatro, moltissimi i giovani visti) ha potuto ammirare. L’autore dell’opera è l’italianissimo Mauro Bigonzetti, acclamato coreografo del panorama contemporaneo. Il balletto è stato pensato ormai diversi anni fa, nel 2008, per lo Staatsballett Berlin; Bigonzetti però lo rende sempre nuovo perché lo plasma ogni volta sui ballerini che lo interpretano, e qui si è trattato di plasmarlo su una sorta di dio greco (Roberto Bolle), in mezzo ad altri dei (gli altri interpreti). Di Bolle sappiamo quasi tutto, persino che si nutre di pesciolini tra una prova e l’altra come spuntino proteico; aggiungerei solo che potrebbe essere definito il Piero Angela della danza, ovvero un intelligente ed educato divulgatore dell’arte tersicorea, colui che ha incollato davanti alla tv persone che mai si sarebbero sognate di assistere e apprezzare una variazione di repertorio classico, che ci ha fatto sapere che esiste la giornata internazionale della danza (il 29 aprile), che ricorda che la vita è fatta anche di disciplina e sacrificio e che sa magistralmente coniugare l’etica con l’estetica. Il suo talento si è fuso con quello di Bigonzetti, che senza nessun tentativo iconografico, ha creato un’opera potente e suggestiva ispirata alle opere del pittore italiano Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610), donandoci una forte carica emotiva. Davanti al passo a due tra Caravaggio (Bolle) e la Bellezza interpretata da Ekaterine Surmava (ballerina georgiana, artista principale del Balletto di Dortmund, superba) si rimane senza fiato, come quasi davanti a un quadro del pittore; i passi della coreografia incollano i corpi in una infinita linea che inizia dalle punte dei capelli di lei e sembra finire nelle dita dei piedi di lui, e poi riinizia ancora in senso contrario; il movimento è continuo e la luce gioca con questo movimento che crea alternanza tra chiaro e scuro, come un gioco teatrale. Bigonzetti incentra la coreografia su duetti, terzetti e quartetti – molto complessi da un punto di vista tecnico - inframmezzati da scene corali cadenzate (ballate benissimo da ventisette giovani danzatori, accuratamente selezionati in tutta Italia) per mettere in risalto la complessità della figura del pittore, celebrandone gli aspetti che compongono l’uomo e l’artista. A Bigonzetti interessa l’aspetto umano di Caravaggio che rimane impigliato nella sua arte. Accanto al Bolle/Caravaggio danzano e si alternano, come nella sua pittura, due figure allegoriche: la luce (interpretata da Maria Khoreva) e il buio (Anastasia Matvienko). Quest’ultima è nata a Sebastopoli (Ucraina), ha linee severe, ombrose, nervose, perfetta per il ruolo; attualmente lavora come ballerina ospite internazionale. E poi, la Luce, una meraviglia, la russa Maria Khoreva, così lieve, eterea, innocente, gambe altissime, braccia esili e lunghe, un controllo dei movimenti perfetto e pulito (non a caso il New York Time l’ha inserita tra le otto “ballebrities” mondiali); qualche piccolissimo errore tecnico c’è stato, almeno nella recita serale del 10, ma è servito per farci capire che è umana. Non posso però non nominare gli altri artisti che Bolle ha voluto accanto a sé, almeno i principali, perché di loro, molti sono giovanissimi, ne sentiremo a lungo parlare: Gioacchino Starace (Teatro alla Scala), Ildar Young-Gaynutdinov (ballerino, coreografo attore e modello russo, solista ospite del Teatro Bolshoi), Vania De Rosas, una rivelazione. La musica scelta da Bigonzetti per il suo Caravaggio benché riorchestrata dal compositore e direttore d’orchestra Bruno Moretti, è formidabile in quanto tratta da brani composti da Claudio Monteverdi (1567-1643), ovvero da un musicista che è vissuto nella medesima età del pittore, ne ha assaporato come lui l’atmosfera popolare e come lui ha tratto ispirazione da una unica fonte: la vita e le sue passioni. Anche Monteverdi fu un grande innovatore nel suo campo; aprì la strada a un nuovo genere di musica, fiorita, emotiva, il Barocco, così come Caravaggio lo fu nella pittura. Quando il sipario si è chiuso, dopo tante chiamate e il pubblico in piedi, ho avuto la sensazione che non sarà così semplice assistere a qualcosa di altrettanto meraviglioso, e avrei voluto che il sipario si aprisse di nuovo e riiniziasse tutto da capo. Michelangelo Merisi avrebbe certamente amato ritrarre lo scultoreo corpo di Roberto Bolle, sul quale la luce compie guizzi improvvisi, e ne avrebbe messo in risalto le ombre, ma soprattutto la sorprendente luce.

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