PISTOIA. La morte avrebbe potuto aspettare ancora un po’, prima di chiamarlo. A settantaquattro anni non si è certo dei giovanotti, ma nemmeno decrepiti, soprattutto quando nei cassetti della memoria si hanno così tanti ricordi da spolverare, alla bisogna. Però fa lo stesso: Marco Ganasha Frosini gli sfizi, morali, sentimentali, culinari, alcolici e, soprattutto musicali, se li è tolti tutti. La vita, come scrisse Jim Morrison, dei Doors, non l’ha certo trovato morto e la morte, chiudendo il teorema, non l’ha nemmeno trovato vivo. E senza messe, abiti talari, omelie, oggi pomeriggio, nella sala mortuaria della Croce Verde, a Pistoia, si è consumato l’ultimo saluto pistoiese (è morto a Milano, dove viveva da alcuni anni) all’indimenticato e indimenticabile chitarrista dei Tara Baralla, che sulla bara, assieme a una foto che lo ritrae, con quel sorriso da pezzo di merda, ha voluto ci fosse una bandiera, rossa, del vecchio P.C.I., con la falce e il martello in bella evidenza, quando quei simboli, e non solo per lui, erano un vanto. Della sua scanzonata irriverenza, della sua joie de vivre e della sua portentosa conoscenza musicale e acustica, ne hanno già parlato, davanti al feretro, nel pomeriggio, alcuni parenti e amici, alcuni dei quali, tra questi ultimi, avrebbero anche potuto munirsi dei propri strumenti e ricordarlo così, il loro compagno scomparso di concerti, con l’intonazione, dal vivo, di alcuni brani. L’ultima foto, invece, che passerà alla storia e al giudizio universale, è quella che ritrae Marco Ganasha Frosini, un vecchio compagno, compagno fino alla fine, cosa che nessuno, tra quelli intervenuti, si è preoccupato di ricordare.

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