FIRENZE. Riuscire a tenere impegnati i muscoli degli zigomi a ridere e sorridere per circa tre ore non è cosa da poco. Certo, se pensiamo che l’idea è firmata da Nino Manfredi, tutto si spiana beato, vero, ma rileggerlo, quel mostro sacro della saudade e farne, per entrare nel vivo della rappresentazione, un’esegesi, senza scimmiottare spudoratamente, ma prestando la dovuta saggia venerazione, non è affatto semplice. Luca Manfredi, figlio e figlio d’arte, per rimettere sulla scena una delle innumerevoli idee paterne, ha confidato nel proiettismo di Flavio Insinna, chimicamente animato da quell’apostrofo esistenziale tragicomico, per far rivivere, tanti anni dopo, quella situazione nella quale Ugo, grecista sull’orlo del fallimento che sogna di chiudere il cerchio cinematografico impegnato ma che sopravvive scrivendo testi/spazzatura, ha la sfortuna di vivere in un appartamento sotto la terrazza del condominio, una volta lavanderia, che un abusivismo edilizio ha trasformato in un appartamentino dove vive Giulia Fiume, (Anna), nota, nelle notti calienti, con lo pseudonimo di Principessa, una prostituta che rincasa, puntualmente, alle prime luci dell’alba, come se fosse mezzogiorno, accendendo lo stereo (incastrato sulle note di Rumore, di Raffaella Carrà), aprendo il rubinetto della vasca, sbattendo porte e armadietti e passeggiando su rumorosissimi tacchi vertiginosi. Non ci inoltriamo nel resto del racconto per deontologici doveri antispoiler (anche se i meno giovani conoscono perfettamente la storia), ma ci tuffiamo, con molto piacere, nell’applauso contemporaneo e finale che abbiamo tributato ieri sera a La Pergola, a Firenze, dove è in scena Gente di facili costumi, di Nino Marino e Nino Manfredi, che replicherà stasera e domani, domenica 9 marzo, alle ore 16. Il triste, anziano, intellettuale, causa allagamento/sfratto del proprio appartamento, dovrà ricorrere alla basica, analfabeta, modesta, ma efficace, ospitalità della puttana del piano di sopra, che non distingue un congiuntivo da un condizionale, che ignora, letteralmente e del tutto, sia i classici che le elementari informazioni culturali minimaliste, ma che ha un cuore d’oro, che nemmeno il suo antico e sottostimato mestiere (solo di di giorno, eh; di notte, ha un gran fascino) è riuscito a indurire. Anzi. Ma se Flavio Insinna è esattamente l’ingrata, viscerale, sadica e cinica autentica fotocopia che abbiamo osservato durante le sue conduzioni televisive, fuorionda compresi, la piacevolissima sorpresa (non ce ne voglia; forse è brava da un sacco di tempo, ma noi non lo sapevamo) è offerta dalla siciliana Giulia Fiume, che non riesce a entrare completamente nel personaggio solo perché, nonostante il colorito e dislessico slang, la cafonaggine posturale e il ridicolo abbigliamento, è chimicamente elegante, carina, delicata e soprattutto mai volgare e la mignotta, nonostante la sua grande duttilità attoriale, le riesce davvero con fatica. L’appunto recitativo, comunque, più virtuale, sensoriale, che effettivo, non ha la minima intenzione di scalfire la sua bravura, soprattutto in relazione al poderoso afflato professionale che riesce a stabilire con il suo anziano, burbero e insoddisfatto coinquilino, una convivenza che, con il trascorrere della vicinanza, non può che produrre il meraviglioso effetto di quel reciproco scambio di informazioni e affetti che non può che migliorare le esistenze di entrambi. I messaggi contro la violenza alle donne e pacifisti, su più larga scala, con i quali i due mattatori hanno deciso di interrompere lo scroscio di applausi che si sono terribilmente guadagnati e meritati a fine rappresentazione, convivono pacificamente e perfettamente con lo sviluppo della trama, che sfoggia una saggezza incontrovertibile e una morale sbilenca: vendere il proprio corpo a ore, spesso, è meno mercantilistico che vivere in modo inappuntabile ma servendo, puntualmente, il facoltoso di turno e che certe volte, la felicità, ci passa così vicino che rischiamo addirittura di non accorgercene, visto che siamo febbrilmente impegnati a cercarla, e non trovarla, lontano dalle nostre abitazioni.

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