di Chiara Magnelli
PISTOIA. Il buio scende nella sala del Funaro, a Pistoia, mentre un rumore di oggetti metallici che cadono proviene da dietro le quinte e già ci chiediamo se sia un errore o faccia parte dell'artificio della scena. E così per tutto il resto dello spettacolo: che cos’è finzione e che cosa è realtà? Quando Caterina Basso, Claudia Catarzi e Ambra Senatore (che firma anche la regia) divengono personaggi e quando ci mostrano loro stesse durante una sessione del loro lavoro, A Posto, che festeggia, a Pistoia, lunghissimi tredici anni di debutti? Che cosa è veramente successo? Seguiamo le tracce di un percorso tagliato e ricucito ogni volta in maniera diversa, pezzi di una storia che possiamo solo intuire, tiriamo a indovinare. Mentre l'attesa e la preoccupazione per qualcosa di terribile che intuiamo possa accadere da un momento all' altro, le tre mattatrici lasciano il posto alla sorpresa e al divertimento. È attraverso un gioco sospeso di movimenti e corpi, balzi e cadute, inciampi, ritmo e immagini, quasi come foto scattate o immagini fermate di un film, che iniziamo a ridere. Il continuo rimescolamento di gesti e immagini, i discorsi appena accennati e lasciati a metà, tutto questo ha fatto pensare all'iperinformazione di questo nostro tempo. Veniamo bombardati da notizie e immagini che scorrono, appaiono e scompaiono sui nostri schermi per dire tutto e niente. Veniamo toccati, tutti noi vogliamo partecipare, siamo ansiosi di esprimere un'opinione, e non ci rimane il tempo di approfondire. In questo spettacolo ogni entrata e uscita, ogni momento di buio, ogni nuova partitura potrebbero svelarci finalmente qualcosa. Un collage di gesti sapientemente ordito per evocare e per non dire esplicitamente. Un ritmo sempre più sostenuto ci conduce sull'orlo dell'assurdo, che ci sorprende e ci trascina nell'ilarità. La sala viene percorsa da risatine sommesse e poi sempre più forti e sguaiate fino all' ultima scena, che in un primo momento ci rassicura e ci fa tirare un sospiro di sollievo. In questo spettacolo però niente è come sembra, ogni gesto o parola può significare qualsiasi cosa e trasformarsi nel suo opposto. Ed è così che si disvela un finale intenso, a partire dall'immagine di un’idilliaca colazione sull'erba; assistiamo a un processo di metamorfosi in cui delle leggiadre ballerine si trasformano in un trio grottesco che mette in mostra le parti più oscene e orripilanti dell'umano. Parti che forse da un lato rifiutiamo e giudichiamo e che forse dall'altro ricerchiamo e bramiamo di veder rappresentate, ma anche, ahimé, attraverso i fatti di cronaca.