di Marta De Sandre
Maximilien Aue, il protagonista de Le benevole, è un ex ufficiale delle SS che, scappato dalla Germania a fine guerra, si è rifugiato in Francia sotto falso nome e da lì, ormai vecchio, scrive le sue memorie. Il nazismo raccontato dal nazista; come guardare l'abisso dal fondo dell'abisso. Maximilien non è un povero soldato che eseguiva gli ordini: Maximilien gli ordini li impartiva, comandava i soldati, uccideva gli ebrei, decideva il futuro del mondo. Intelligente, colto, omosessuale, vagamente folle, ma non fanatico, consapevole e lucido non somiglia affatto ai nazisti generalmente descritti in letteratura.
Non cerca, nemmeno da vecchio, di dipingersi migliore, non cerca alibi, non si sottrae all'immagine di cattivo, non rinnega, ma nemmeno riafferma l'ideologia nazista. La sua analisi degli eventi, lucidissima e fredda, fa paura perché ci ricorda quanto poco il mondo deve girare per trasformare un uomo in un distillato di male puro. E che questo succederà ancora, questo succede ancora. Inquietante un lungo monologo su quello che sarebbe successo se la Germania avesse vinto la guerra, i sei milioni di ebrei uccisi sarebbero stati considerati danni collaterali e tutti i crimini commessi ridimensionati. Sarebbe un errore, e grave a mio parere, pensare che il senso morale delle potenze occidentali sia cosi fondamentalmente diverso dal nostro: dopotutto, una potenza è una potenza, non lo diventa, né lo rimane, per caso. Perché. L’erba cresce rigogliosa sulle tombe dei vinti e nessuno chiede conto al vincitore. Lo stile è estremamente scorrevole anche se la lettura non è semplice affatto, vi assicuro che in alcuni passaggi si ha l'impressione di avere gli artigli di Satana sulla schiena. Un libro importante, coraggioso e utile: l'ho messo sullo scaffale accanto a tutti i libri di Primo Levi: sono certa che approverebbe.