di Marta De Sandre

Houellebecq: il nome dice tutto. Impossibile da leggere, ma quando ne impari la pronuncia tutto diventa semplicissimo. Così i suoi libri, una fatica immane, ma alla fine il cerchio si chiude e resta un buon retrogusto in bocca.

 

Mi fa quasi tenerezza, nella sua antipatia, come i bimbi strafottenti che imprecano e urlano per nascondere la propria sensibilità o come ragazzini che parlano esclusivamente di tette e culi ma sognano l'amore. La vicenda de Le possibilità di un'isola è bizzarra: in un futuro nel quale i neo-umani hanno creato una parvenza di immortalità tramite la clonazione, pagata con la perdita di ogni tipo di emozione, Daniel24 e Daniel25 ripercorrono la vita di Daniel1, loro capostipite detentore dei loro geni, attraverso la lettura dei suoi diari. I temi sono molti (troppi?) e interessanti: amore, sesso, decadimento fisico, immortalità, speranze e assenza di speranze. Prolisso e faticoso in molti passaggi, mi sono trascinata tra le melme della parte centrale come un marine, avanzando sui gomiti con un coltello in bocca pronta a sbudellare il caro  Houellebecq nel malaugurato caso l'epilogo non fosse stato degno di tanta fatica. Tremante all'idea che si fosse inventato un almeno parziale lieto fine, che mi avrebbe fatto schifare l'intero libro, gli sono grata per l'abisso di nichilismo nel quale, invece, mi ha fatto sprofondare fino alla fine.

Meraviglioso il cane Fox, unica forma di vita veramente degna di sopravvivere.

Pin It