di Simona Priami
IL FAMOSO Dune o Ciclo di Dune, romanzo fiume di fantascienza, scritto da Frank Herbert, pubblicato nel 1965, in Italia nel 1973, ebbe a suo tempo numerosissimi riconoscimenti per la sua genialità, fantasia, originalità, contenuto e record di vendite. L’opera influenzò il successivo immaginario fantascientifico, sia per romanzi che per film. Ne fu ipotizzata per gli anni successivi la trasposizione cinematografica, anche se l’impresa risultava insidiosa e rischiosa; nel 1984 ci prova il maestro David Lynch, lavorando solo sulla prima parte della lunga storia; lui stesso definì il suo lavoro non soddisfacente, forse il suo peggior lavoro. Del famoso romanzo è stata anche prodotta una serie di videogiochi e una mini serie televisiva, la trama pertanto risulta estremamente interessante, moderna e accattivante, le difficoltà di transcodificazione rimangono. Nel 2020, aiutato da nuovi effetti speciali, ci prova Denis Villeneuve, famoso regista, riconosciuto tra i migliori dalla critica, già messosi in evidenza nel genere per Blade Runner. In un lontano futuro, per la precisione anno 10191, l’imperatore delle galassie, personaggio assente, ma dal potere indiscusso, figura quasi divina che viene spesso nominata, ma non si mostra mai allo spettatore, muove le pedine a suo piacimento, prende decisioni e impartisce ordini.
Adesso il suo volere cambierà le sorti di tutti, egli vuole che il pianeta Arrakis, chiamato Dune perché desertico, arido e arroventato, non sia più sotto il controllo dei terribili e impietosi Harkonner, ma sia governato dalla casata degli Atreides, raffinati ed eleganti, comandati dal duca Leto che vive con l’amata concubina Jessica, dalla quale ha avuto un figlio, Paul. Leto intuisce subito che il suo compito su Arrakis è una trappola insidiosa. In questo pianeta misterioso e incandescente vivono i Femen, i nativi dagli occhi blu acceso, figure considerate pericolose e selvagge che si muovono con estrema agilità nel deserto, ricordano forse i misteriosi Tuareg. L’oggetto del desiderio intorno a cui ruota tutta la complessa e articolata vicenda è la Spezia, una polvere preziosa e misteriosa, presente solo ad Arrakis, si tratta proprio di una droga con effetti allucinogeni, capace di alterare la percezione spazio-temporale, questa polvere è molto ricercata in tutto l’universo ed è considerata sacra dai nativi. La Spezia è strettamente collegata ai vermi, enormi creature che vivono sotto la sabbia, sempre aggressive e pericolosissime, quando si spostano sconquassano le dune; questi mostri aggrediscono e ingoiano tutto ciò che trovano, percepiscono rumori e movimenti, solo gli esperti conoscitori del territorio riescono a evitarli, camminando in un modo particolare, imitando una originale danza. Paul comincia a sperimentare i suoi poteri, ereditati dalla madre; i due inoltre comunicano attraverso le mani, con un particolare linguaggio dei segni. Paul ha inquietanti sogni e visioni premonitrici; il giovane viene sottoposto a una terribile prova di resistenza al dolore, riesce a superarla, dimostrando coraggio e determinazione; lui è l’eletto, scelto per cambiare l’universo grazie ai suoi poteri. Il duca non maltratta i Fremen come facevano i precedenti comandanti, comunica con loro, li vuole alleati per sfruttare le loro capacità, i misteriosi abitanti dagli occhi blu non sembrano così rozzi come erano stati presentati, la geniale tuta che ricicla tutto dell’essere che la indossa, è una loro creazione. Nel pianeta Arrakis si susseguono guerre e attacchi, spesso vengono usate armi e tecniche di combattimento antiche che affiancano astronavi e elicotteri-libellula sofisticati e ultratecnologici; i terribili Harkonner vogliono riprendersi il potere, impossessarsi dei traffici di Spezia, l’imperatore stesso gli offrirà le sue imbattibili e scelte truppe speciali. In questo clima di tensione non manca il tradimento a sorpresa e i colpi di scena si susseguono, alternati a scene forti e molto suggestive, alcune inquietanti come il confronto nel finale tra Paul e l’enorme verme che sembra guardarlo negli occhi. Continui i riferimenti storici, usanze medievali, terminologie feudali, oggetti antichissimi si mescolano ad astronavi e forme geometriche imponenti, nel deserto emerge una Ziqqurat metallica; questa fusione tra passato e futuro trascina lo spettatore fin dall’inizio in un altro mondo, un’operazione straniante perfettamente riuscita e aiutata dagli effetti visivi esteticamente perfetti e dalla musica coinvolgente e adeguata a ogni scena. Non può mancare il riferimento storico alla colonizzazione, l’indigeno nel nostro immaginario è sempre stato il misterioso abitante del luogo sconosciuto ma ricco di risorse, approfondita la conoscenza del diverso, si scopre che non è così pericoloso come potevamo aspettarci. Il film offre anche analisi del profondo, come i sogni o il controllo della paura, sono presenti insegnamenti filosofici e di vita; il cammino di Paul è una strada di formazione del giovane che cerca se stesso e come tutti i giovani, in tutte le società, deve superare prove per entrare nel mondo degli adulti; molta anche l’attenzione che il regista dà agli sguardi, ai volti, agli occhi; curati anche i particolari come l’abbigliamento e il trucco, quest’ultimo in modo particolare riesce a rendere i personaggi in modo eccellente in relazione alla loro personalità, come il ciccione cattivo che si cura immergendosi sembrerebbe nella melma. Un remake riuscito per i numerosi messaggi, per i simboli, per le varie interpretazioni, per gli effetti spettacolari e la continua suspense nel susseguirsi delle azioni, un film poliedrico recitato in modo eccellente che tiene lo spettatore incollato allo schermo per tutta la sua durata.