di Catia Zanella

La pelle dell’orso è girato nelle basse Dolomiti, intorno agli anni ‘50 e la scelta opacizzata del regista, l’esordiente Marco Segato, che si è ispirato all’omonimo libro di Matteo Righetto, ci rimanda da subito a decenni di distanza, tra retaggi storici e filtri cinematografici, cari in particolare al maestro Olmi. Nella cava di pietra, dove lavora la maggior parte dei protagonisti, sopraggiunge un incidente derivato da un’esplosione. Qui, i monti, non si classificano solo per la loro suggestiva bellezza. Diventano mondi impervi, faticosi, pericolosi e circoscrivono, talvolta grettamente, la vita delle persone.

Racchiusi nella piccola dimensione paesana, i personaggi stridono con la vastità del paesaggio, restituendocela fra nebbie, piogge, vento che anticipa drammi possibili. Pietro Sieff (Marco Paolini, che ha contribuito alla stesura dell’opera), uscito dalla prigione, comprende che l’unico modo per riscattarsi con il paese e con il figlio Domenico (Leonardo Mason) è andare incontro a un’impresa eccezionale, accettando una scommessa con il proprietario della cava: sfidare un orso, soprannominato diavolo, per la sua crudeltà. Il figlio adolescente non lo lascerà solo e deciderà di affiancarlo nella sfida intuendo che la posta in gioco è molto più alta. I pochissimi dialoghi (che ricordano il viaggio post atomico di Cormac McCarty e la luce di Clint Eastwood, cara alla protagonista femminile, Sara - Lucia Mascino, una delle muse di Filippo Timi) sono in perfetta armonia con il resto. Le parole sono poche, ma precise, e risolvono zone d’ombra indispensabili al figlio; finalmente saprà dal padre quale sia stata la ragione per cui è morta la madre: suo padre ha ucciso il suo amante e per questo lei si è suicidata, nel lago. Un dramma in famiglia, un dramma nella società, dentro la Natura. Il percorso è quello della redenzione agli occhi di tutti e agli occhi del figlio. Il cammino per lui e il padre è impervio, come la montagna e come una Natura che non perdona. E ci siamo perfettamente immersi tutti, anche nella fotografia.

 

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