di Virginia Longo

BOLOGNA. Sono arrivata a più di trent’anni senza aver mai visto Un tram che si chiama Desiderio. È un’imperdonabile lacuna per una cinefila, lo ammetto. I testi scritti da Tennesse Williams sono sempre stati all’avanguardia e raccontano un’America fintamente eroica, squallida, piccola e vulnerabile. La seconda guerra mondiale è alle spalle, ma ha lasciato strascichi terribili nel modus vivendi, nella cultura, nelle tradizioni e nell’identità più verace, sia nella Vecchia Europa che negli Stati Uniti. Tennesse Williams ha voluto approfondire proprio quello: andare a indagare e scovare gli scheletri nell’armadio della società americana e nell’essere umano in generale, luci e ombre, pregi e difetti. Nel 1952, anno in cui è stato girato il capolavoro del regista Elia Kazan, non si può ancora parlare di omosessualità, né di abuso di minori, né tanto meno di incesto, ma l’altra sera, a Bologna, è stato possibile visionare le scene più scabrose della versione originale restaurata.

 

Sotto il tappeto di stelle che è il cielo di agosto del capoluogo emiliano, Un tram che si chiama desiderio è apparso in tutta la sua maestà e arroganza, con le voci vere di Vivien Leigh e Marlon Brando. Per chi ha amato Via col vento, Vivien Leigh è una presenza ingombrante nella vita privata di molte ragazze. È l’esempio massimo dell’eroina romantica indomita e ribelle, come Catherine Earnshaw di Cime tempestose o Elizabeth Bennett di Orgoglio e pregiudizio. Rossella O’hara è una figura di riferimento imprescindibile nella vita di una donna legata alle logiche della passione e dell’amore romantico. Nel film di Kazan, Vivien Leigh è Blanche Dubois, ancora una volta una bellezza del Sud, ma priva della fierezza e del coraggio che distingueva Rossella a Tara o ad Atlanta. È una tragica figura di donna, perdente e coi nervi a pezzi, a cui hanno tolto la piantagione Belle Reve a Auriol, un piccolo centro del Mississipi. Le hanno rubato la dignità e l’onore; è una donna che si è nascosta nell’alcool e nel sesso bulimico. Il tempo l’ha derubata anche del fascino e della bellezza gloriosa di un tempo. Purtroppo, negli anni Cinquanta, le ultratrentenni senza marito erano già considerate anziane, anche se avevano il bel musetto e i lustrini di Blanche Dubois. E allora, che fa questa donna alla deriva, questa troiana sfuggita alla morte e calpestata dagli Achei? Torna dal suo unico affetto rimastole, la sorella Stella, che vive con il rozzo marito Stanley a New Orleans. Per arrivare ai Campi Elisi, si chiama proprio così il quartiere in cui la sorella abita, Blanche prende un tram che si chiama desiderio. E il suo desiderio di essere umano era proprio quello più banale e comprensibile. Era il desiderio di rivedere il sorriso della sorella, sentire il suo calore e la sua protezione. E lei l’ha preso entusiasta quel tram, senza sapere che tra le mura domestiche avrebbe trovato il suo peggior nemico, il cognato Stanley Kowalsky, sfacciato e impertinente, sorriso sornione e sprezzante, sempre pronto alla rissa, con la maglietta o la camicia eternamente lisa o sbrindellata. E dentro quegli stracci, il fisico da pugile di Marlon Brando tracima ed esplode, in un mix di virilità e sex appeal che sconvolge. Ne rimane visibilmente scossa persino l’aristocratica Blanche, che trema dentro i suoi vestiti di organza e nelle sue crinoline sottili appena lo incontra in casa. Blanche si è lasciata alle spalle un orribile passato. Ridotta sul lastrico, da professoressa di letteratura è diventata la prostituta della città, dopo aver perso proprietà e marito. Intreccia addirittura una relazione con un suo alunno, fatto che la condannerà definitivamente e che la escluderà dalla scuola e dalla città. L’omosessualità del marito di Blanche, ragione per la quale si uccide, non è accennata nel film, ma il testo di Tennesse Williams è chiarissimo. A teatro, Un tram che si chiama desiderio aveva un’altra Blanche, impersonata dalla talentuosa Jessica Tandy, ma per il grande schermo i produttori volevano un viso celebre, fin troppo. Volevano Vivien, che dieci anni prima aveva lasciato un segno indelebile nella cinematografia mondiale con la sua Rossella. Questo film segnerà il declino definitivo della salute mentale della Leigh, la quale, poco prima della fine dei suoi giorni, dichiarava di chiamarsi Blanche. Un’attrice che ha vissuto come se la sua vita fosse un’opera d’arte, due ruoli al cinema coronati dall’Oscar e altri premi che l’hanno consacrata per sempre. Le sono bastati Via col vento e Un tram che si chiama desiderio per diventare una di quelle stelle del cinema che mai tramonteranno, come lo charme di Greta Garbo, lo spirito di Katherine Hepburn, l’eleganza innata di Audrey Hepburn, l’erotismo di Marylin Monroe e gli occhi viola magnetici di Liz Taylor. Blanche Dubois potrebbe salvarsi accettando la proposta di matrimonio di Mitch, ma il passato ritornerà come uno tsunami e travolgerà per sempre l’equilibrio di Blanche, portandosi via ogni favilla di speranza in un lieto fine. La sorella Stella riuscirà a dire basta e a liberarsi dalla dipendenza malata che la tiene legata a Stanley e alla sua prepotenza fisica che tanto l’ammalia. Si sente in colpa per la fine della sorella, la quale, con i nervi a pezzi, finisce irrimediabilmente in manicomio, dopo essere stata abusata sessualmente dal cognato. Un film intenso, fortissimo, che rimane impresso nella mente per giorni. Vigoroso e magnetico, proibito e fatale, proprio come lo è il più classico dei desideri.

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