di Caterina Fochi

Lui torna e se siamo in Germania non abbiamo neanche bisogno di chiederci di chi stiamo parlando, ci siamo già capiti: l’incubo ricomincia! Tratto dal best seller di Timur Vermes, Er Ist Wieder, il film del regista tedesco David Wnendt Lui è tornato non è un semplice adattamento cinematografico ma è, almeno in parte, una sorta di mockumentary nella Berlino di oggi, nel mondo di oggi visto attraverso lo sguardo impressionato di Adolf Hitler. Una commedia raffinata, intelligente e originale che prendendosi gioco del senso del male evoca tragiche minacce e ci fa sorridere per non dimenticare. Scagliato al suolo come una meteorite, Hitler (Oliver Masucci) si risveglia tra i cespugli di una tranquilla zona residenziale della Berlino contemporanea, dove si suppone si trovasse il bunker in cui si sparò nel 1945.

 

Da questo momento in poi il tempo per il Fuhrer redivivo scorre veloce lasciandolo inalterato nell’aspetto e, come presto si svelerà, anche nelle brame di potere. Dotato di una notevole perspicacia e di una intelligenza raffinata, ci mette molto poco ad adeguarsi ai nostri tempi e a coglierne le debolezze. Scopre le nuove tecnologie e individua nella televisione uno straordinario mezzo utile alla propaganda; si inalbera violentemente infatti quando riscontra che invece è utilizzata dai cuochi o per trasmettere demenziali quanto finti reality. Dopo una attenta osservazione prende atto che la politica è diventata una cosa imbarazzante, fatta da persone incapaci di difendere la Nazione: i politici sono goffi e con l’appeal di uno spaghetto cotto. Comincia a girare tra la gente, ne ascolta le lamentele, li fa parlare con la pancia, tira fuori le loro paure su temi come l’immigrazione, la cultura araba e quella dei neri, la disoccupazione e in breve tempo si trasforma in paladino dei loro bisogni rassicurandoli sul fatto che si farà carico lui di risolvere tutti questi problemi. Soprattutto a coloro che apertamente esprimono la propria xenofobia e razzismo, garantisce la riapertura dei lager, la cui chiusura proprio non riesce a comprendere, visto che già c’erano ed erano talmente utili. Con l’aiuto di un cameraman si ritrova presto in un universo in cui il canale migliore per far presa sul popolo è youtube. Ma anche in un contesto del genere lui non si ferma: per amore della propaganda è disposto a farsi trattare come un fenomeno da baraccone e a saltare da un programma all’altro passando anche per un set cinematografico. Quello che il pubblico vede sullo schermo è un Hitler sempre sicuro di sé, dominatore, con l’obiettivo chiaro di riprendere le redini di una Nazione allo sbando. Senza quasi rendersene conto, qualcuno comincia a lasciarsi convincere, mentre qualcun altro cede al successo dello show mediatico e un po’ alla volta tutti vengono lentamente intossicati come da un veleno a lento rilascio. Ne emerge una società desolante che non percepisce il pericolo, ma lo posta su Twitter e Facebook con foto e frasi prive di spirito critico dimostrando un vuoto culturale e intellettuale davvero preoccupante e tale da lasciare ampio spazio all’irreparabile. Così, se fino ad un certo punto il film risulta indubbiamente spiritoso, improvvisamente il tono vira e la tragicità e l’angoscia prendono il posto del divertimento fino a quando il risveglio dal torpore dell’Alzheimer di un’anziana ebrea rimuove violentemente il tabù sullo sterminio e con una scena breve ma di un’intensità devastante ci ricorda che la memoria è l’unico vero antidoto contro l’attrazione del male.

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