di Caterina Fochi
La bulimia televisiva ci ha assuefatti a programmi ormai uguali in tutto il mondo. Ma può capitare - e inaspettatamente - che, sentendo durante un talent show uno dei giudici incoraggiare un concorrente che sta per esibirsi ad aver fiducia perché è l’unico dei partecipanti proveniente da Gaza, la battuta riesca a strapparci un sorriso, anche se dal sapore amaro del disincanto. The Idol, del regista Hany Abu-Assad, è una storia vera che segue le tracce del cantante palestinese Mohammed Assaf, oggi affermata voce del panorama musicale mediorientale, che nel 2013 vinse la seconda edizione di Arab Idol diventando eroe nazionale.
Il piccolo Mohammed, cresciuto tra le macerie di Gaza, ha il dono di una voce straordinaria e la sorellina Nour lo incoraggia con tutta se stessa a coltivare questo talento. I ragazzini, poco meno che adolescenti, formano un piccolo complesso musicale che tra avventure e difficoltà porta la voce del piccolo prodigio in mezzo alla sua gente. Inizia quindi un viaggio attraverso un popolo che, nonostante tutto, riesce a condurre un’esistenza fiera e che ci mostra un contesto sociale piuttosto laico, duro, in cui i traffici criminali si intrecciano con gli aspetti più rigidi della religione islamica, dove uomini e donne non si mescolano mai pubblicamente e dove la presenza di una ragazzina che suona la chitarra può diventare motivo di imbarazzo e contestazione. La tragedia della morte di Nour diventa per il giovane cantante la motivazione per il riscatto che lo porta a decidere di fuggire da Gaza con falsi documenti e a rischiare tutto per raggiungere l’Egitto e partecipare al concorso che può cambiargli la vita. L’apoteosi arriva con il finale nel quale il regista, mantenendo una narrazione classica senza sorprese ma sempre equilibrata, mescola finzione cinematografica con scampoli di filmati amatoriali e televisivi che riprendono le feste di piazza mostrandoci centinaia di palestinesi armati della bandiera nazionale e riuniti davanti ai megaschermi fare un tifo da stadio assistendo alla vittoria di Mohammed Assaf. Le lacrime e la commozione sincera negli occhi del vero Mohammed arrivano a toccarci da vicino, non solo per la meritata vittoria di uno straordinario talento in una competizione canora molto importante, ma perché attraverso la sofferenza di quello sguardo vediamo soprattutto la rivalsa di un intero paese. Che orgoglioso come pochi, fa sentire la sua voce e ci ricorda che nonostante tutto ciò che accade nel mondo, la Palestina e il dilaniato brandello di Gaza sono sempre e ancora lì a ricordarci che da lì si dovrebbe ripartire per cercare quell’equilibrio che l’umanità sembra aver perduto.