di Caterina Fochi

L’Irlanda è quel luogo (comune) dove l’inevitabile non accade mai e l’imprevedibile sorprende sempre. John Crowley però, con Brooklyn, ci stupisce firmando la regia di un melodramma insolito che, come il soffio inaspettato di una carezza, emoziona e coinvolge per la pacata tenerezza con la quale ci conduce in una storia dura fatta di dolore, coraggio e speranza. Siamo negli anni ’50 quando Eilis (Saoirse Ronan), una ragazza poco più che adolescente della contea di Wexford (Irlanda sud orientale), decide di partire per il Nuovo Mondo, lasciandosi alle spalle una vita senza prospettive, oltre che la madre e la sorella maggiore.

 

Approda a New York e con fatica combatte l’insopprimibile nostalgia di casa fino a quando non conosce Tony (Emory Cohen), un ragazzo italoamericano. L’annuncio della morte della sorella arriva nel momento in cui la nuova vita sta per sbocciare e il temporaneo ritorno in patria per il funerale sarà l’occasione per riconsiderare ciò che ha lasciato ed elaborare le imminenti scelte che si apprestano a riscrivere il suo futuro. Tratto dall’omonimo romanzo di Colm Toibin e sceneggiato da un autore di culto come Nick Hornby, Brooklyn è una storia semplice e coerente dove non ci sono scene madri, né malvagi nemici ad intromettersi tra la protagonista e il suo destino lanciato alla rincorsa della felicità. Il tocco leggero della mano del regista si posa soprattutto su Eilis, sulle sue scelte, sulla naturalezza con la quale a poco a poco conquista coraggio dall’esperienza e riesce a superare gli ostacoli che la vita le pone sul cammino. Brooklyn è un film di una schiettezza disarmante come solo la spontaneità può essere, quella stessa che risplende negli occhi di Saoirse Ronan a cui basta uno sguardo per svelare tutta la gamma dei sentimenti che attraversano l’animo di chi è costretto a migrare e di chiunque abbia dovuto fare delle scelte e affrontare incognite. Così, con un inno al coraggio, alla coerenza intellettuale e all’onestà sentimentale questa pellicola conquista, appassiona e spinge a riflettere sull’importanza di trovare la nostra strada e la nostra identità senza tradire l’indole che ci appartiene ovunque siamo o scegliamo di essere.

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