di Caterina Fochi
La notte del 28 febbraio 2016 non è stata solo la notte di consegna dei prestigiosi premi Oscar, ma è stata soprattutto un anniversario importante, anzi fondamentale, perché a distanza di 40 anni – e ancora una volta dagli Accademy Awards di Hollywood - arrivano una lezione di grande civiltà e coraggio e un richiamo etico e morale per tutta l’umanità. Nella stessa notte del 1976 infatti Tutti gli uomini del presidente, il film di Alan J. Pakula, veniva premiato con quattro statuette per aver portato sul grande schermo la storia, che valse anche il premio Pulitzer, dei giornalisti Bob Woodward e Carl Bernstein i quali, rivelando al mondo intero i retroscena dello scandalo Watergate, costrinsero il Presidente Richard Nixon alle dimissioni e cambiarono il corso della storia.
Il caso Spotlight ripercorre le orme di quell’opera fondamentale nella storia del cinema vincendo anch’esso il premio Oscar di quest’anno per il miglior film, oltre che per la miglior sceneggiatura originale, per aver portato sul grande schermo un’altra eroica impresa che anche questa volta è valsa un premio Pulitzer per il lavoro della squadra di giornalisti investigativi del Boston Globe soprannominata Spotlight. Il loro impegno è stato riconosciuto e premiato e ci auguriamo che anche in questo caso, come per il team del Washington Post, lo sforzo del gruppo guidato da Marty Baron abbia, dopo i prestigiosi riconoscimenti, conseguenze epocali sul corso della storia non solo della Chiesa Cattolica, ma soprattutto su quello dell’umanità. Tra il 2001 ed il 2002, nonostante il caos mondiale causato dall’attentato alle Torri Gemelle, i tre giornalisti Michael Rezendes (Mark Ruffalo) Sacha Pfeiffer (Rachel Mc Adams) Matty Carrol (Brian d’Arcy James ) con il caporedattore Robby Robinson (Michael Keaton) sotto la guida del neodirettore Marty Baron (Liev Schreiber), portarono in fondo, tra pericoli e depistaggi, l’inchiesta che denunciò lo scandalo dei preti pedofili e la collusione delle alte sfere ecclesiastiche. Partendo infatti da un caso di abuso da parte del prete cattolico John Geoghan, il team di Spotlight raccolse dati e documenti, trovò testimoni e con coraggio e sconcerto arrivò a smascherare circa 90 preti, nella sola diocesi di Boston, che sotto la copertura e la protezione dell’allora potentissimo cardinale Bernard Law, erano coinvolti in molteplici casi di violenza sessuale.
L’indagine li portò fino al punto in cui dovettero arrendersi di fronte ad una terribile evidenza che andava ben oltre i confini di Boston: la pratica degli abusi sui minori era sistemica e regolarmente quanto accuratamente celata da tutta la Chiesa Cattolica. Il taglio classico dato al film dal regista Tom Mc Carty è volutamente anti-spettacolare: non ci sono infatti toni epici o ritmi da thriller, ma si attiene a una ricostruzione seria e rigorosa che, esaltando il lavoro tenace e scrupoloso del gruppo di giornalisti, coinvolge lo spettatore rendendolo complice dell’inchiesta e partecipe alle emozioni e al trasporto degli stessi protagonisti, riuscendo inoltre a non allontanare mai l’attenzione dalla questione fondamentale. Sì perché se da una parte Il caso Spotlight ha il merito di mostrarci come si conduce, anzi, come si dovrebbe condurre, un’inchiesta giornalistica seria, dall’altra denuncia potentemente - e senza mezzi termini -, uno scandalo a cui nonostante tutto non è stata data, in questi anni, sufficiente eco mondiale e che non ha ancora avuto le conseguenze radicali che, a questo punto, il mondo cattolico non può più permettersi di ignorare. Senza togliere merito alle scuse proclamate pubblicamente da Papa Bergoglio e ai provvedimenti presi nei confronti dei responsabili, in primis del cardinale Law, di queste vicende sarebbe ora che l’umanità intera chiedesse, giunti ormai al ventunesimo secolo, oltre che un profondo esame di coscienza, un cambio di rotta radicale per far uscire definitivamente una parte della dirigenza del mondo cattolico dall’oscurantismo medioevale al fine di affrontare quei cambiamenti necessari per promuovere un rinnovamento a partire dalle fondamenta con un atto di onestà dovuto non solo verso chi si riconosce nei valori cristiani, ma soprattutto verso chi ha la strada illuminata dal mistero della fede.
Senza addentrarci troppo in questioni profonde e complesse ci limitiamo ad una sola riflessione che scaturisce dalle vicende narrate dal film premiato: si può ancora tollerare una totale chiusura al confronto su temi quali il celibato e la castità imposti per legge nella Chiesa latina? Ecco perché sentiamo di avere un grosso debito di gratitudine nei confronti del caso Spotlight e ci auguriamo che il dibattito intorno alle tematiche che solleva non muoiano dopo lo spegnimento dei riflettori del Dolby Theatre.