di Caterina Fochi

Se Dio è morto e Marx pure, Woody Allen invece si è decisamente ripreso ed è anche in ottima forma. Compiuti 80 anni, il regista torna con una nuova pellicola sui temi filosofici che già in passato gli avevano guidato la mano. Così dopo Crimini e Misfatti, Match Point e Sogni e Delitti trova ancora una volta in Delitto e Castigo l’ispirazione per riflettere sulle grandi questioni esistenziali.

 

Il professore di filosofia Abe Lucas (Joaquin Phoenix), saggista di importanza nazionale, viene chiamato ad insegnare nella piccola università di Newport, ma anche se la sua fama lo precede in pompa magna, le aspettative di colleghi e studenti vengono deluse nel momento in cui scoprono un uomo disilluso, che ha perso completamente l’interesse per la vita. Le teorie dei grandi pensatori gli hanno dato risposte affascinanti, ma scollegate dalla realtà; la filosofia diventa masturbazione mentale, che il più delle volte ci porta a conclusioni contradditorie, così come provocatoriamente suggerisce ai suoi studenti, seguendo l’utopia di Kant: voi avreste occultato alle S.S. la presenza di Anna Frank in casa vostra pur sapendo di violare la legge?

Così, l’inevitabile ritorno a Dostojevski, l’unico che aveva capito tutto, ancora una volta suggerisce un’altra variante che individua nel caso l’unica risposta possibile. Il casuale ascolto di una conversazione infatti indica ad Abe Lucas la via da seguire che vede nella morte l’estrema ratio per liberarsi del vuoto esistenziale e grazie alla quale, a differenza del giovane Raskol’nikov, tornare a vivere una vita intensa e entusiasmante. A questo punto gli scenari che si aprono si complicano e diventano inquietanti. E’ possibile sfidare la logica e programmare la razionalità a nostro vantaggio? L’irrazionalità è la risposta? E una volta effettuata questa sfida, siamo sicuri che tutto andrà come avremmo voluto? Esiste il pericolo di incontrare la realtà e i pensieri di qualcun altro che possono far saltare i nostri piani? Ha senso parlare di questione morale, a cui dà voce la giovane studentessa Jill Pollard (Emma Stone), a una mente che ha scelto l’irrazionale? Insomma, il caos totale.

Se nelle precedenti pellicole Allen aveva preso in considerazione il peso della fortuna (Match Point) e quello della coscienza (Sogni e Delitti), in Irrational Man si arrende alla casualità che governa il limite tra vita e morte indipendentemente dalla voce morale della storia alla quale comunque spetta l’ultima parola. Irrational Man è un film, ancora una volta, complesso e raffinato, che solo superficialmente si può valutare come una ripetizione dei precedenti con i quali ha in comune lo spunto riflessivo, ma da cui si allontana seguendo strade inesplorate prima e che, con il grande mestiere ormai indiscutibile di un grande maestro, riesce a provocare e costringe gli spettatori ad un nuovo esercizio intellettuale.

Pin It