di Caterina Fochi
La foce del Guadalquivir nelle spettacolari riprese aeree è una vera e propria opera d’arte che seduce e incanta, mentre la telecamera scendendo lentamente scopre scenari che cambiano man mano e svelano un luogo ambiguo e minaccioso nel quale tutto sembra essere ciò che non è.
Così come i due poliziotti madrileni Pedro e Juan che, se da una parte sono chiamati a risolvere il thriller che segna il passo alla trama, dall’altra sono i protagonisti di un noir nel noir in cui le loro personalità tradiscono passati inaspettati che a loro volta diventano metafora per una riflessione più profonda su un periodo storico ambiguo e complesso come quello all’inizio degli anni ’80 in cui, subito dopo la caduta di Franco, si avvia in Spagna il difficile percorso verso la democrazia. Ed è così che sotto la pioggia battente dalle limacciose paludi non emergono solo i cadaveri delle giovani ragazze della zona seviziate e deturpate da un serial killer che, con la complicità di altrettanti ambigui personaggi, le attrae con la promessa di una vita migliore in un luogo migliore, ma soprattutto emergono ombre e misteri di un paese e del suo passato che ancora non è superato.
Alberto Rodriguez riesce quindi, con grande abilità, a moltiplicare, intrecciandoli, i piani di lettura, senza scadere mai nella retorica o nei moralismi, grazie anche alla complicità dell’ambientazione sempre coerente con le vicende e calata in una atmosfera nebulosa e poco rassicurante nella quale, tra inseguimenti da brivido e colpi di scena, si muovono i due protagonisti. Che arrivano a chiudere l’indagine a loro affidata, vero, ma ne aprono un’altra sulla complessità della Storia, non facilmente classificabile con schemi preordinati e che può presentare, in situazioni estreme, risvolti imponderabili.
La Isla Minima è un film importante sul piano storico politico, svolto con intelligenza e supportato da una fotografia raffinata e attenta, che costruisce la giusta tensione per coinvolgere lo spettatore in un thriller perfetto nella doppia, anzi, tripla lettura in cui però lo svolgimento della trama principale inciampa più di una volta in alcune incongruenze e ci porta ad un finale che, anche se mette in evidenza, come quasi sempre è nella realtà, che i serial killer sono individui generalmente anonimi dalle caratteristiche insignificanti e che passano il più delle volte inosservati, manca però di una scena madre travolgente e lascia lo spettatore non solo dubbioso sull’identità del colpevole e del suo movente, ma anche insoddisfatto e orfano di quell’effetto sorpresa a cui si era preparato, ma con la certezza comunque, non certo irrilevante, di aver assistito a un bellissimo film.