di Caterina Fochi

Non è certo un Perfect Day quello con il quale inizia l’ultimo film del regista spagnolo Fernando Leon De Araona. Una banalità come quella di aver bisogno di una corda lunga e robusta, infatti, diventa un problema molto serio se si è in un posto sperduto dei Balcani nel 1995 a guerra appena conclusa.

 

E il problema diventa ancora più complesso se questa corda è di fondamentale importanza perché serve per estrarre un cadavere obeso in putrefazione che rischia di contagiare l’acqua del pozzo dentro cui è stato gettato come rudimentale arma chimica, soprattutto quando il pozzo in questione è l’unico utilizzabile dalla popolazione della zona, visto che gli altri due presenti sono pieni di mine pronte ad esplodere.

Questa è la missione che porta quattro operatori umanitari sotto la guida del carismatico Mambrù (Benicio del Toro) in un viaggio attraverso gli orrori residui di una guerra assurda, confrontandosi con un’infinita serie di complicazioni inutili che vanno dalle difficoltà oggettive dell’operazione, all’ottusità della burocrazia che procede per normative standardizzate e perde di vista le circostanze; cosa, questa, che non aiuta i caschi blu dell’Onu a dare di sé un’immagine molto edificante. L’ironia che accomuna questi quattro (più uno) anti-eroi della ricostruzione diventa l’arma più efficace non solo per sdrammatizzare le situazioni più tragiche, ma per arrivare alla più beffarda e geniale delle soluzioni che, ironia della sorte, vede la Natura prendere in mano le redini della situazione e dimostrarsi vincente sull’irrazionalità degli uomini.

Proprio l’alternanza delle battute ironiche diventa quindi non solo il filo conduttore (sarebbe meglio dire la corda) che con delicatezza avvicina i protagonisti alle popolazioni in difficoltà che devono aiutare, ma è un vero e proprio mastice indispensabile per cancellare ogni reciproca inibizione, saldare un’intesa fraterna e consolidare una confidenza tale che porta i cinque protagonisti ad essere Uno per Tutti e Tutti per Uno. Ne deriva un forte affiatamento tra i personaggi, sostenuto da un’evidente e reale intesa tra gli attori (Benicio del Toro, Tim Robbins, Olga Kurylenko, Mélanie Thierry, Fedia Stukam) particolarmente ispirati e in piena sintonia anche con il regista che li sostiene e li accompagna con un'azzeccata colonna sonora fortemente rock che, con il dovuto rispetto, vola sulla la tragicità della guerra e serve da stimolo a non commiserarsi, a non scoraggiarsi di fronte ai problemi, ma ad agire.

Tratto dal romanzo Dejarse Llover (Lascia che piova), in parte autobiografico, di Paula Farias, medico di Medicins sans frontieres, questa pellicola non vuole essere un memorabile film antibellico, ma un doveroso e riuscito omaggio a tutti coloro che senza tante storie si tirano su le maniche e rischiano in prima persona, incuranti della visibilità, per portare aiuto ed ordine dove la demenziale irrazionalità ha portato distruzione e morte e questa riappropriazione della dimensione umana viene alla fine premiata dalla Natura con un vero e proprio Perfect Day.

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